Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Per un’analisi storica ed un approccio critico alle scelte politico-economiche neoliberiste dei processi di privatizzazione
(SECONDA PARTE). |
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BANCA DI ROMA
La Banca di Roma (nata dalla fusione tra il Banco di Santo
Spirito, la Cassa di Risparmio di Roma e il Banco di Roma avviata nel 1989 e
conclusa nel 1992) svolge, oltre alle normali attività creditizie, numerose
altre attività tra le quali la negoziazione di titoli, la gestione dei patrimoni,
le attività di leasing e varie attività di tipo assicurativo. Ma la principale
rimane l’attività di intermediazione creditizia; va ricordato che la Banca di
Roma conta un numero di sportelli pari a 1.573 unità (compresi quelli all’estero).
Il processo di privatizzazione ha avuto inizio nel settembre
1997 e nell’ottobre 1997 il consiglio di amministrazione dell’IRI ha deciso
la vendita della quota di azioni in proprio possesso (13,9% del capitale della
Banca di Roma e 35% della Cassa di Risparmio Roma Holding).
L’operazione, gestita dalla Banca di Credito Finanziaria s.p.a
e da Mediobanca, è stata portata aventi attraverso l’offerta globale (con azioni
di nuova emissione e azioni IRI) che comprendeva un’offerta pubblica (per il
pubblico) e un collocamento destinato ad investitori istituzionali nazionali
ed esteri.
Il 28 novembre 1997 si è conclusa l’operazione dell’offerta
destinata al pubblico e per il collocamento istituzionale italiano ed estero;
l’offerta globale è stata di 1.960 milioni di azioni con un prezzo che ha oscillato
tra le 1.200 (minimo) e le 1.700 lire (massimo).
L’intera operazione ha determinato un incasso lordo per l’IRI
di 1.897,9 miliardi di lire, una plusvalenza di 300 miliardi ed un aumento del
capitale sociale della banca di Roma pari a 1000 miliardi nominali. Tra i principali
nuovi azionisti della Banca di Roma vanno ricordati la Toro assicurazioni, la
Libyan Arab Foreign Bank e la National Commercial Bank.
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO
La Banca Nazionale del Lavoro, nata come istituto di credito
a favore delle Cooperative, si è sviluppata nel corso degli anni ‘90 come “banca
universale” che svolge numerose attività, che vanno dall’intermediazione creditizia
vera e propria alla gestione e distribuzione di prodotti finanziari, leasing,
factoring, assicurazioni,ecc.
Attualmente è una delle più grandi aziende di credito italiane
ed è tra le prime 50 in Europa; è presente in tutte le regioni, in 333 comuni
e 102 provincie e conta 687 sportelli. Il suo patrimonio oscilla intorno ai
9 mila miliardi ed le attività di bilancio superano i 150.000 miliardi (le attività
del gruppo superano i 170.000 miliardi). Nell’ultimo anno le attività si sono
ulteriormente allargate per l’acquisizione dell’Artigiancassa (istituto di credito
specializzato a favore degli artigiani) e per la nascita della joint venture
“Albacom” con la British Telecomunication per l’offerta in Italia di servizi
di telecomunicazione.
Il capitale sociale (Cfr.Graf.19), prima dell’avvio
del processo di privatizzazione era detenuto dal Ministero del Tesoro per l’85,5%,
dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per l’11,8% e da altri istituti
di credito per la parte restante.

Il programma di privatizzazione è iniziato il 23 gennaio 1998,
con decreto del Presidente del Consiglio su proposta dei Ministeri del Tesoro
e dell’Industria.
Tra gli interventi ritenuti necessari per portare a termine
l’operazione di privatizzazione va messo in risalto senza dubbio quello mirante
a una riduzione del personale. I tagli occupazionali ritenuti “indispensabili”
riguardano una prima fase di esodi volontari che interessano quasi 1.500 dipendenti,
numero che sarà destinato a crescere considerevolmente se la prospettata fusione
con il Banco di Napoli diventerà operativa negli anni 1998-2001.
Il Tesoro ha incaricato la J.P. Morgan quale advisor per la
ricerca di partner strategici. La tipologia della dismissione è stata individuata
nell’offerta pubblica di vendita e nella trattativa diretta con istituzioni
bancarie e finanziarie per costruire un’azionariato stabile. Va messo in risalto
che il Tesoro ha rinunciato alla golden share. A fine maggio 1998 è scaduto
il termine massimo per la presentazione della offerte di acquisto per entrare
nel nucleo stabile; tra i maggiori candidati vanno ricordati l’INA (che tendeva
ad ottenere un 20-25%), il Monte dei Paschi di Siena e l’IMI.
Il 27 Maggio 1998 però solo l’INA e il Banco di Bilbao Vizcaya
hanno presentato un’offerta per l’acquisto di quote della banca. Il nucleo stabile
avrà un pacchetto di azioni non inferiore al 30% del capitale.
L’INA ha presentato una proposta di acquisto del 25%, proposta
bocciata però dal Tesoro poiché l’INA non intendeva vincolare il prezzo di acquisto
a quello della successiva OPV (in questo modo infatti si poteva rischiare che
i piccoli azionisti pagassero le azioni della Banca ad un prezzo superiore a
quello pagato dall’INA). La proposta del Banco di Bilbao di acquistare il 5%
dell’istituto invece, è stata accettata in quanto rispondeva a tutte le clausole
previste.
Il Tesoro a causa della rottura delle trattative con l’INA
ha deciso di mantenere il 25% delle azioni dopo l’OPV per costituire comunque
il nucleo stabile. Negli ambienti finanziari si ventila da tempo la possibilità
di intervento diretto del San Paolo IMI. La banca è stata valutata dai 10 ai
12mila miliardi di lire.
Con la nomina del nuovo presidente, nella persona del dott.
Luigi Abete, già massimo responsabile della Confindustria, avvenuta in Agosto
u.s., l’istituto è avviato verso la privatizzazione in programma a breve (si
pensa a Ottobre 1998). Nel frattempo l’assemblea degli azionisti ha disposto
la conversione delle azioni da risparmio (le sole fino ad oggi quotate in Borsa)
in azioni ordinarie; l’intera operazione, facoltativa (attuata tra fine agosto
e metà settembre), si concluderà prima dell’avvio della OPV.
Va ricordato che l’utile netto della gestione ordinaria si
aggira intorno ai 464 miliardi di lire contro i 40 dei primi sei mesi del 1997.
Al momento comunque l’unico punto fermo dell’operazione è la
presenza del Banco di Bilbao Vizcaya, che ha prenotato il 10% (con la possibilità
di arrivare al 20% attraverso partnership); almeno il 55% del capitale andrà
sul mercato come OPV, mentre un’altra quota sarà assegnata a trattativa privata,
probabilmente a Credit Suisse per il 10% (si veda Graf.20)

ALITALIA
L’operazione di privatizzazione dell’Alitalia ha avuto inizio
nei primi mesi del 1998; la composizione del capitale sociale prima della dismissione
era così strutturata: l’IRI deteneva l’85,1%, e il restante 14,9% era in mano
di terzi privati (Cfr. Graf.21).

Nella prima fase l’IRI ha ceduto il 18% delle azioni ma è previsto
che entro il 1999 la quota di partecipazione dell’IRI scenderà al di sotto del
50% con lo scopo di privatizzare completamente la compagnia aerea.
Va ricordato inoltre che l’IRI ha messo a disposizione dei
dipendenti un ulteriore 14% del capitale sociale in proprio possesso; in tal
modo quindi la sua partecipazione scenderà al 53% (Cfr. Fig.2); i dipendenti
che sottoscriveranno le azioni Alitalia si impegnano a non rivendere i titoli
per almeno tre anni.

L’IRI è intenzionato a vendere la restante quota del 53% in
un’unica soluzione entro il 1999.
Va ricordato che oggi l’azienda Alitalia è valutata per un
ammontare di oltre 9 mila miliardi di lire; ha chiuso l’ultimo esercizio con
utili per 444 miliardi di lire e un patrimonio netto consolidato di 1.808 miliardi
di lire (si ricorda che nel 1996 era di 377 miliardi).
Anche le cifre riguardanti i primi mesi del 1998 confermano
questa tendenza con i 5-6 miliardi di risultato operativo contro gli 80 miliardi
persi nel corrispondente periodo del 1997.
SOCIETA’ AUTOSTRADE
L’IRI nel 1950 ha costituito la Società Autostrade con lo scopo
di promuovere la costruzione e l’ampliamento della rete autostradale nazionale.
Nel 1982 la società ha assunto il controllo di altre 5 società concessionarie
di trafori e autostrade; nel 1987 le sue azioni sono state ammesse alla quotazione
in Borsa e nel 1995 ha acquisito il 90% della Autostrade International e il
100% della Autostrade Finance.
Attualmente la rete autostradale gestita è pari al 56% del
totale nazionale (3.121 Km); a livello internazionale detiene il 5,4% delle
autostrade europee e il 17% delle autostrade a pedaggio.
Come si può osservare dalla Fig.3 il fatturato è di
circa 2.988 miliardi di lire con utili netti pari a 261 miliardi; conta un numero
molto elevato di dipendenti (circa 7.432, con 109 dirigenti).

Il programma di privatizzazione ha avuto inizio nel 1996 e
nel 1997 vengono nominati quali advisor l’IMI e la Schroeder.
Per facilitare il processo di privatizzazione il 16 gennaio
1998 il Ministro dei Lavori Pubblici ha prolungato la durata della concessione
che sancisce la convenzione tra ANAS e Società Autostrade dal 2018 al 2038 ed
è stato deciso il nuovo piano degli investimenti e dei pedaggi.